Dopo la morte del padre si trasferisce prima a Monaco di Baviera con la famiglia, poi soggiorna con il fratello a Roma e Palestrina. Tornato a Monaco, lavora nella redazione del Simplicissimus, ma presto si dedica esclusivamente alla letteratura.
Paul Thomas Mann nacque a Lubecca, in Germania, secondogenito di Thomas Johann Heinrich Mann, senatore e facoltoso commerciante, e di Júlia da Silva Bruhns, nata da padre tedesco e madre brasiliana a Paraty in Brasile, ma emigrata in Germania all'età di sette anni. Nonostante la confessione cattolica della madre, Mann venne battezzato secondo la fede luterana del padre.
Il piccolo passava l'estate a Travemünde, sul Baltico, dove già dava spazio alla propria indole sognatrice immerso nella bellezza del luogo. Una certa indipendenza spirituale gli fece frequentare la scuola con disinteresse, preferendo dedicarsi a letture e studi personali e lasciando da parte le esigenze didattiche. Frequentò le scuole a indirizzo commerciale del Katharineum, a Lubecca, dato che il padre voleva un successore per l'impresa familiare. Negli stessi anni Thomas scrisse i primi racconti e le prime poesie, alcune delle quali dedicate all'amico Armin Martens, immortalato nelle pagine del Tonio Kröger con il nome di Hans Hansen, e altre, d'amore, a una compagna bruna di cui non seppe più nulla.[1][2]
Studi
Nel 1892 il padre morì, la ditta di famiglia fu liquidata e la madre si trasferì a Monaco di Baviera con i figli (Mann aveva due fratelli e due sorelle) mentre Thomas rimase ancora due anni a Lubecca, a "dozzina" da un professore, per completare gli studi. Mann raggiunse quindi la famiglia nella città bavarese, per dimorarvi fino al 1933. Fratello minore di Heinrich Mann, anch'egli scrittore, si dedicò fin da giovanissimo anche al giornalismo, scrivendo nel 1893 schizzi di prosa e saggi per la rivista scolastica Der Frühlingssturm (La tempesta primaverile) da lui coedita.
Nel 1894 entrò in una compagnia di assicurazioni ma nel tempo libero continuava a scrivere: nacque così il primo racconto, Gefallen, pubblicato sulla prestigiosa rivista Gesellschaft e capace di suscitare l'ammirazione di Richard Dehmel, rinomato poeta che lo spronò a continuare nell'attività letteraria e gli rimase amico fino alla morte.[3] Nel 1895, dopo un solo anno di lavoro, decise di rinunciare alla professione borghese e dedicarsi ai propri interessi a tempo pieno.
D'accordo con Dehmel, si iscrisse all'università e al politecnico di Monaco con l'intenzione di diventare giornalista, compagno di quel Koch-Weser che sarebbe diventato Ministro dell'Interno. In questo periodo cominciò a frequentare i caffè assieme ad alcuni giovani intellettuali, e fu così che conobbe anche insigni rappresentanti della cultura tedesca, che di tanto in tanto si univano alla compagnia.[4]
Dato che il fratello Heinrich risiedeva a Roma, decise di raggiungerlo e di passare con lui l'estate a Palestrina, per poi andare a vivere assieme nell'Urbe, subinquilini di un appartamento di via di Torre Argentina. Rimase a Roma un anno, evitando quasi ogni forma di vita sociale, e dedicandosi esclusivamente alla lettura – di scandinavi e russi in particolare – e alla scrittura, aiutato dal denaro che mensilmente la madre mandava ai due fratelli.[5]
Il racconto breve, Il piccolo signor Friedemann (Der kleine Herr Friedemann), concluso già a Monaco, destò l'interesse della casa editrice berlinese S. Fischer Verlag, e fu pubblicato nel 1898. Nel frattempo iniziò anche a lavorare al suo primo romanzo, I Buddenbrook che, pubblicato poi nel 1901, riceverà un notevole successo.
Tornato a Monaco, ebbe il primo impiego di rilievo, quando Korfiz Holm lo assunse nella redazione del periodico Simplicissimus, dove lavorò un anno come lettore e correttore.[6]
Nel 1920 iniziò una relazione di profonda amicizia, collegata a stima ed affetto reciproci, con lo psichiatra e scrittore ebreo Peter Flamm, pseudonimo di Erich Mosse (Berlino, 1891 - New York, 1963), che era solito recarsi a casa sua una volta al giorno per bere del tè.[7]
Erich era nipote del magnate dell'editoria Rudolf che per primo iniziò a pubblicare i suoi libri.
Esilio ed eredità
Nel 1929 gli venne conferito il premio Nobel per la letteratura. Il 13 febbraio del 1933 Mann tenne una celebre conferenza all'Università di Monaco, sua ultima apparizione pubblica in Germania: Dolore e grandezza di Richard Wagner. In quell'occasione lo scrittore – grande appassionato wagneriano – non presentava Wagner come precursore di Hitler e del nazismo, ma come un grande artista che si collocava nella schiera degli artisti che esprimevano l'Ottocento vero, il secolo della borghesia[8]. Ma gli eventi che si verificarono in Germania pochi giorni dopo (l'incendio del Reichstag e l'assunzione dei pieni poteri da parte di Hitler), diedero origine a una violenta e pretestuosa campagna di stampa contro di lui[9] che persuasero Thomas Mann a non ritornare più in Germania, neanche dopo la caduta del nazismo[10]. Mann si trasferì immediatamente all'estero, stabilendosi prima a Küsnacht, presso Zurigo, poi negli Stati Uniti d'America, a Pacific Palisades, distretto di Los Angeles, località che già ospitava una nutrita comunità di esuli tedeschi.
Il primo romanzo di Mann, I Buddenbrook, pubblicato all'età di ventisei anni, riscosse immediatamente un notevole successo di pubblico in Germania.
Opera dal forte carattere autobiografico, narra della ascesa e caduta di una ricca famiglia di commercianti, seguendone le vicende attraverso diverse generazioni. Anticipando alcuni tratti distintivi di tutta la produzione successiva, all'acuta analisi e descrizione psicologica dei personaggi si affianca una altrettanto attenta osservazione della società e dei suoi mutamenti dagli inizi del diciannovesimo secolo fino all'unificazione.
A I Buddenbrook fecero seguito una serie di racconti e novelle, segnati variamente dal tema personale dell'omosessualità irrisolta, tra i quali si ricorda in particolare Tonio Kröger (1903) e La morte a Venezia (1912). Agli anni tra il 1914 e il 1918 risalgono le Considerazioni di un impolitico, lavoro che è stato definito uno dei libri più lucidi e polemici, viscerali e qua e là imbarazzanti, di primo Novecento[11]. Il romanzo La montagna incantata (1924), concepito anch'esso in un primo momento come racconto breve, poi elaborato in un lavoro di più ampio respiro, tratta della formazione umana e spirituale del giovane ingegnere Hans Castorp durante anni di permanenza in un sanatorio sulle Alpi svizzere.
Tra il 1933 e il 1942, Mann pubblicò la tetralogiaGiuseppe e i suoi fratelli, ricca rielaborazione della storia di Giuseppe tratta dalla Genesi: rimessa in luce, ha osservato chi ha studiato quest'opera, di contenuti astrosofici propri alla più antica civiltà mesopotamica, a Mann mediata dalla propria assimilazione dell'opera di ricerca storico-antropologica del teologo luterano Alfred Jeremias; tetralogia considerata, dalla critica odierna, uno dei suoi lavori più significativi.
Al centro dell'opera di Mann c'è la decadenza della società borghese ed il contrasto fra quel mondo e l'artista. Egli avverte i limiti angusti e la mancanza di spiritualità del mondo borghese. Modello fondamentale per Mann fu Goethe che nelle sue opere conciliò la ragione con la fantasia, la vita reale con le esigenze dello spirito. Egli fu anche preciso conoscitore di filosofi e musicisti del suo tempo: Nietzsche, Tolstoj, Freud e Wagner.
I corposi Diari di Mann, che coprono un arco di oltre un quarantennio di vita, rivelano le battaglie interiori che l'artista dovette affrontare contro la sua pederastia; tema il quale si trovò riflesso più volte nei suoi lavori, in particolare attraverso l'ossessione dell'anziano Aschenbach per il quattordicenne polacco Tadzio nella novella La morte a Venezia[15].
Il libro dell'autore Gilbert AdairThe Real Tadzio (2001) descrive come nell'estate del 1911 Mann fosse rimasto al Grand Hotel des Bains al Lido di Venezia in compagnia della moglie Katia Pringsheim e di suo fratello Heinrich Mann, quando fu del tutto improvvisamente rapito dalla figura angelicata di Władysław Moes (diminutivo Władzio, da cui Tadzio), un ragazzino della nobiltà polacca di 12 anni appena entrato nella fase della pubertà.
La biografia di Anthony Heilbut intitolata Thomas Mann: Eros and Literature (1997) ha scoperto - forse per la prima volta compiutamente - la centralità della sessualità, ed in particolare della sensibilità omoerotica, nell'opera dello scrittore; in seguito anche il critico tedesco Hermann Kurzke ne approfondirà e svelerà in parte le contorte meccaniche. Nell'inverno del 1889 il giovane Thomas s'invaghì del compagno di scuola Armin Martens e per lui scriverà un gran numero di poesie (di cui in seguito si vergognerà); in quello stesso lasso di tempo si dovette tenere anche il celebre corso di danza immortalato e descritto poi in Tonio Kröger, a cui parteciparono entrambi[16].
Del pathos di allora sono rimasti alcuni idilli, schizzi ed estatici articoli i quali apparvero sul giornalino scolastico della prima metà del 1893. Giunto in tarda età, quando comincerà a parlare più liberamente di queste cose, svelerà il "segreto": "A lui ho veramente voluto bene. Fu davvero il mio primo amore e non me ne fu mai concesso uno più tenero, più beato e insieme più doloroso... serbo il ricordo di questa passione come un tesoro. Quel sentimento poi si spense, quando il suo charme aveva subito già gravi danni ad opera della pubertà. Gli ho elevato un monumento in Tonio Kroger"[17].
Nel frattempo il fratello maggiore Heinrich, raccolte le sue confidenze, risponderà con una serie di lettere offensive rivolte ad amici comuni: "nella lettura delle sue ultime poesie non ho potuto sottrarmi alla penosa sensazione che in modo analogo mi procura solo August von Platen-Hallermünde, il cavaliere del Santo deretano. Un lirismo dell'amicizia talmente rammollito. Ben triste davvero se fosse un sentimento autentico!"[18].
L'infatuazione per Williram Timpe, dal quale nel cortile del collegio si fa prestare una matita, invece la conosciamo dall'analogo episodio de La montagna incantata; questa avrà una durata maggiore (almeno due anni)[19]. Prestito e restituzione sono nel romanzo poetiche mascherature di un rapporto sessuale: "una matita d'argento, con un anello che si doveva spingere in su per vederne uscire la mina rossa". Il 15 dicembre 1950 menziona i "trucioli conservati della matita di Willri"[20].
L'amore senza parole è un motivo che nelle opere di Thomas Mann torna costantemente; Aschenbach non scambia una sola parola col bel Tadzio: "Soltanto nell'unione umana, là ove non vi sono più parola o non ve ne sono ancora, nello sguardo e nell'abbraccio può trovarsi la felicità, giacché lì soltanto esiste assolutezza, libertà, mistero e profonda assenza d'ogni riguardo. Tutto quel che sta frammezzo è limitato da formalità e convenzioni borghesi... non è il comunicare per parole il mio elemento (prodotto d'una civiltà mediocre). Il mio vero interesse si rivolge alle estreme regioni dei rapporti umani... mentre gli sguardi si accoppiano irresponsabili, con grande lascivia"[21].
Mann era inoltre un amico intimo del violinista e pittore Paul Ehrenberg (fratello di un musicista), per il quale aveva avuto sentimenti di amore romantico almeno fino al 1903 circa; l'attrazione che provava per Ehrenberg, corroborata dalle annotazioni sui quaderni, causò a Mann difficoltà e disagio e potrebbe essere stato un ostacolo alla sua unione con una donna di origini inglesi, Mary Smith, che aveva incontrato a Firenze nel 1901[22]. Con lui sviluppò una complicata amicizia a sfondo omoerotico, che ebbe la sua fase più intensa dal 1900 al 1903; scriverà di "un'indescrivibile, pura ed insperata felicità del cuore... P. ha il diavolo in corpo!"[23] Nel Diario del 13 settembre 1919 annota: "l'ho amato ed è stato qualcosa di simile ad un amore felice"[24].
«Quanto più diminuisce nell'uomo la potenza generatrice, tanto più decisa diviene la tendenza contro natura. È per questo che di regola consideriamo la pederastia come un vizio delle persone anziane»
Nel capitolo XIII della sua biografia, intitolato "Omoerotismo dell'età di mezzo", Hermann Kurzke racconta dell'esitante coming out del celebre autore e inanella tutta una serie di citazione tratte dai Diari.
L'autocensura si allenta negli anni 1920, legge - seppur polemicamente - Il ruolo dell'erotismo nella società maschile di Hans Blüher, addirittura firmerà l'appello di Magnus Hirschfeld (leader del primo movimento omosessuale tedesco) per l'abolizione del famigerato Paragrafo 175 che condannava l'omosessualità come se fosse un crimine (vedi la storia dell'omosessualità in Germania); infine lascia ogni freno quando si tratta di pensare e guardare il figlio Klaus appena entrato nell'età dell'adolescenza con occhi di palese "incesto mentale"[26].
Uno come me, è chiaro, non dovrebbe mettere al mondo dei figli (Diario del 20 settembre 1918).
Il Diario del periodo attorno al 1920 registra minuziosamentela la forte attrazione che sentiva di provare nei confronti dell'allora figlio tredicenne Klaus Mann, soprannominato "Eissi":
Mi fa piacere avere per figlio un così bel ragazzo (24 dicembre 1918);
Klaus molto aggraziato (20 aprile 1919);
Ho lasciato capire a Klaus la mia inclinazione per lui accarezzandolo... Mi pare che la sua virilità gli crei dei problemi (25 maggio 1920);
Dopo il pasto tenerezze con Eissi (14 giugno 1920);
Nelle conversazioni epistolari viene spesso toccato "l'argomento dell'erotismo tra maschi, come ad esempio in una lunga lettera scritta al proprio corrispondente Carl Maria Weber su questo argomento, mentre sempre il Diario rivela sempre di più:
Klaus, dal quale da qualche tempo mi sento molto attratto (22 giugno 1920);
Innamorato di Klaus in questi giorni (5 luglio 1920);
Eissi, che al momento mi affascina (11 luglio 1920);
Incantato da Eissi, terribilmente grazioso mentre fa il bagno. Trovo molto naturale che io mi innamori di mio figlio... Eissi steso sul letto a leggere, nudo e abbronzato nella parte superiore del corpo, cosa che mi ha turbato... Pare che per me sia proprio finita con le donne (25 luglio 1920);
Ho parlato con lui a letto accarezzandolo, cosa che mi pare gli piaccia (27 luglio 1920);
Ho sentito del chiasso nella stanza dei ragazzi e ho sorpreso Eissi tutto nudo che faceva lo stupido davanti al letto di Golo. Forte impressione del suo splendido corpo non ancora virile. Turbamento (17 ottobre 1920)[27].
Per riuscire a gestire la lotta tra il "dionisiaco e l'apollineo", come lui stesso li definiva rifacendosi a Friedrich Nietzsche, le sue pulsioni omosessuali sono sempre state trasformate in creazioni d'alta letteratura.
Come sarà incolpato sarcasticamente dall'avversario di vecchia data Alfred Kerr, critico teatrale e saggista, per aver reso la "pederastia" accettabile per il ceto medio colto[28]; ciò fu fondamentale per poter introdurre il discorso del desiderio tra persone dello stesso sesso nella cultura generale ad un più ampio raggio[29].
Nel Doctor Faustus il personaggio di Rudi è "un uomo casto, senza vizi, un uomo puro"; negli appunti preparatori l'autore preciserà: "abbiamo parlato della condizione precaria di chi non ama andare a donne... Avrei voluto spiegargli ciò che sento per lui, dirgli che questa nostra amicizia agisce su di me come un mezzo per fare pulizia, salvarmi dalla sessualità". L'amore puro (omoerotico) viene concepito come un modo per redimere l'eterosessualità, la felicità sta nel dolore ed al romanzo faustiano è all'arte che viene attribuita la funzione purificatrice[31].
Nel 1950 Mann incontrò poi il cameriere di 19 anni Franz Westermeier, confidando al suo Diario: "ancora una volta, ancora una volta amore"[32].
Nel 1975, quando i Diari di Mann cominciarono ad essere pubblicati, crearono una curiosità sensazionalistica nazionale in tutta la Germania; l'allora pensionato Westermeier verrà rintracciato negli Stati Uniti d'America: si dirà lusingato di apprendere che era stato l'oggetto dell'ossessione di Mann, ma anche sconvolto per la profondità ed intensità provata dal maturo ed affermato Premio Nobel per la letteratura[33].
Sebbene avesse sempre negato che i suoi romanzi potessero contenere delle componenti di autobiografia, la lettura dei Diari rivela quanto la sua vita fosse stata consumata da una passione non corrisposta e sublimata, il che portò anche ad una rivalutazione del suo lavoro[33][34].
Buddenbrooks - Verfall einer Familie, 1901. Tradotto in italiano come I Buddenbrook. Decadenza di una famiglia. Riedizione (DE) Buddenbrooks, Berlin, Deutsche Buch-gemeinschaft, 1909. URL consultato il 14 marzo 2015.
Königliche Hoheit, 1909 (Altezza Reale o Sua Altezza Reale).
Tristan, 1903. Tradotto in italiano come Tristano (racconto). Riedizione (DE) Tristan, Leipzig, Philipp Reclam jun., 1922. URL consultato il 14 marzo 2015.
Wälsungenblut, 1905. Tradotto in italiano come Sangue Welsungo.
Anekdote, 1908
Das Eisenbahnunglück, 1909
Wie Jappe und Do Escobar sich prügelten, 1911
Der Tod in Venedig, 1912. Tradotto in italiano come La morte a Venezia. Riedizione (DE) Tod in Venedig, Berlin, S. Fischer, 1919. URL consultato il 14 marzo 2015.
Herr und Hund. Ein Idyll, 1918. Tradotto in italiano come Cane e padrone.
Mario und der Zauberer, 1930. Tradotto in italiano come Mario e il mago.
Die vertauschten Köpfe. Eine indische Legende, 1940. Tradotto in italiano come Le teste scambiate.
Das Gesetz, 1944. Tradotto in italiano come La legge.
Die Betrogene, 1953. Tradotto in italiano come L'inganno.
Scritti autobiografici
Im Spiegel, 1907.
Okkulte Erlebnisse, 1924.
Meine Arbeitsweise. 1925.
Pariser Rechenschaft, 1926 (edizione italiana: Resoconto parigino, trad. Marco Federici Solari, L'orma editore, Roma 2021, ISBN 978-88-313-1268-4).
Lübeck als geistige Lebensform, 1926.
Lebensabriß, 1930.
Ein Briefwechsel, 1937.
On Myself, 1940.
Die Entstehung des Doktor Faustus. Roman eines Romans, 1949.
Meine Zeit, 1950.
Lob der Vergänglichkeit, 1952.
Teatro
Fiorenza (1906), portato in scena per la prima volta l'11 maggio 1907 al teatro di Francoforte, è il suo unico testo teatrale completo, ma venne stroncato dalla critica. Si pensa che questo fallimento abbia indotto Mann a giudicare il teatro di prosa solo come "intrattenimento popolare".
Luthers Hochzeit (Il matrimonio di Lutero) (1954), frammenti.
Saggi
Versuch über das Theater (Saggio sul Teatro), 1907
Die Lösung der Judenfrage, 1907
Der alte Fontane (Il vecchio Fontane), 1910
Chamisso, 1911
Gedanken im Kriege (Pensieri di guerra), 1914
Friedrich und die große Koalition (Federico e la grande Coalizione), 1915
Meerfahrt mit Don Quijote, 1934 [pubblicato nel 1935 nel volume Leiden und Größe der Meister. Neue Aufsätze]
Una traversata con Don Chisciotte, trad. e nota di Lavinia Mazzucchetti, Biblioteca delle Silerchie n.18, Milano, Il Saggiatore, 1959.
Traversata con Don Chisciotte, traduzione di Alfredo Rovatti, Prefazione di Lionel Richard, Collana Le porpore n.101, Milano, Medusa, 2016, ISBN978-88-769-8309-2.
Thomas e Heinrich Mann, La montagna del disincanto. Lettere 1900-1949, a cura di Roberta Persichelli, Prefazione di Anna Mila Giubertoni, Collana Lettere, Milano, Archinto, 1999, ISBN978-88-776-8225-3.
Thomas Mann-Károly Kerényi, Dialogo. Lettere 1934-1955, Prefazione di Domenico Conte, Roma, Editori Riuniti University Press, 2013, ISBN978-88-647-3068-4.
La gioia maiuscola di essere scrittori. Lettere a italiani, traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Prefazione di Cesare De Marchi, Collana Le silerchie n.24, Milano, Il Saggiatore, 2014, ISBN978-88-428-1907-3.
Elenchi di opere in tedesco
Hans Bürgin, Das Werk Thomas Manns. Eine Bibliographie, unter Mitarbeit von Walter A. Reichert und Erich Neumann. S. Fischer Verlag, Frankfurt a. M. 1959; Fischer Verlag, Frankfurt a. M. 1980, ISBN 3-596-21470-X.
Georg Potempa, Thomas Mann-Bibliographie, Mitarbeit Gert Heine, Cicero Presse, Morsum/Sylt 1992, ISBN 3-89120-007-2.
Hans-Peter Haack (Hrsg.), Erstausgaben Thomas Manns. Ein bibliographischer Atlas, Mitarbeit Sebastian Kiwitt, Antiquariat Dr. Haack, Leipzig 2011, ISBN 978-3-00-031653-1.
Opere tradotte in italiano
L'elenco che segue è in ordine cronologico di apparizione delle versioni pubblicate in Italia
I Buddenbrook. La decadenza d'una famiglia, 2 voll., trad. A. Lami, Barion: Sesto San Giovanni, 1930
La montagna incantata, traduzione di Bice Giachetti-Sorteni, Milano: Modernissima, 1932; Milano: dall'Oglio, 1945.
Mario e il mago. Una tragica esperienza di viaggio, traduzione di Giorgio Zampa, Barbèra, Viareggio, 1943 (edizione numerata); Mario e il mago. Le teste scambiate, Collana Gli Oscar settimanali n.74, Mondadori: Milano, 1966; TEA, Milano, 1988; Cane e padrone. Disordine e dolore precoce. Mario e il mago, Introduzione, antologia critica e biografia di Roberto Fertonani, Collana Oscar narrativa-scrittori moderni n.626, Mondadori:Milano, 1972-2011
Carlotta a Weimar, traduzione di Lavinia Mazzucchetti, Collana Il Ponte-I Grandi narratori italiani e stranieri, con 8 illustrazioni di Luigi Grosso, Milano: Mondadori, I ed. 1948; Carlotta a Weimar - Confessioni del Cavaliere d'industria Felix Krull, Collana I classici contemporanei stranieri-Tutte le Opere di Mann vol. V, a cura di Lavinia Mazzucchetti, Milano:Mondadori, I ed. 1955- II ed. 1961; Collezione I Capolavori della Medusa, Mondadori, 1970; Introduzione di Roberto Fertonani, Collana Oscar narrativa-scrittori moderni, Mondadori, 1981
Altezza Reale, traduzione e prefazione di Lamberto Brusotti, Sesto S. Giovanni: Barion, 1933; a cura di Giorgio Dolfini, Milano: Mursia, 1966; con un'introduzione di Giorgio Cusatelli, Milano: Garzanti, 1974.
L'eletto, traduzione di Bruno Arzeni, Milano: Mondadori, 1952; con un'introduzione di Lea Ritter Santini, Milano: Mondadori, 1979.
Sua Altezza Reale, traduzione di Bruno Maffi, Milano: Rizzoli, 1953; con un'introduzione di Giulio Schiavoni, Milano: Rizzoli, 1992.
Cane e padrone e altri racconti, traduzione di Clara Bovero, Torino: Giulio Einaudi, 1955.
La montagna incantata, traduzione e introduzione di Ervino Pocar, Milano: Mondadori, 1965; con in appendice, La montagna incantata, lezione di Thomas Mann agli studenti di Princeton, Milano: Corbaccio, 1992; con un'introduzione di Giorgio Montefoschi e, in appendice, La montagna incantata, lezione agli studenti di Princeton, Milano: TEA, 2005.
Giuseppe e i suoi fratelli, 4 voll., traduzione di Bruno Arzeni, Collana Medusa, Milano: Mondadori, 1933-1949; versione di Bruno Arzeni riveduta da Elena Broseghini, a cura e con un saggio di Fabrizio Cambi, Collezione I Meridiani, Milano: Mondadori, 2000.
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